Comune condannato ad adottare un servizio di vigilanza contro la movida notturna per la lesione del diritto alla normale vita familiare dei residenti della zona.
Con una sentenza a dir poco innovativa (Tribunale di Brescia, sentenza 2621 del 26 settembre 2017), il giudice ha condannato il Comune di Brescia non solo al risarcimento del danno in favore della coppia proprietaria dell'immobile, ma ha imposto all'ente comunale di impiegare gli agenti per far sgomberare le persone rumorose dalla strada di sua proprietà. Analizziamo i fatti e chiariamo il profilo giuridico della vicenda.
La vicenda. I proprietari di un immobile sito nel centro storico convenivano in giudizio il Comune di Brescia poiché, a causa dell'apertura di numerosi locali notturni nella zona, centinaia di persone sostavano lungo la via a tarda notte schiamazzando e vociando.
Tali immissioni erano intollerabili, in quanto impedivano agli attori il riposo notturno e la possibilità di dedicarsi alle normali attività quotidiane, come guardare la televisione o leggere un libro.
Gli istanti si erano rivolti al Comune affinché adottasse i provvedimenti opportuni, ma la situazione era rimasta immutata.
Inoltre, a causa dell'intollerabilità della situazione, il loro immobile si era deprezzato e non era possibile alienarlo. Agivano, quindi, contro il Comune per ottenere:
1) la cessazione delle immissioni rumorose;
2) l'adozione di provvedimenti in tal senso;
3) il ristoro del danno patrimoniale oltre al deprezzamento dell'immobile [1]
4) la liquidazione del danno non patrimoniale
La movida notturna e l'intollerabilità delle immissioni. La movida è un «fenomeno caratterizzato dal fatto che un elevato numero di persone (nell'ordine del migliaio in alcune occasioni) staziona all'esterno degli esercizi pubblici, occupando la pubblica via, consumando bevande alcoliche e trattenendosi in loco sino ad ore molto tarde».
È macroscopico come la presenza di centinaia di ragazzi, per lo più in stato di alterazione alcolica, possano provocare un rumore significativo, tanto più se ciò avviene a notte inoltrata.
Nel caso di specie, il monitoraggio tecnico ha dimostrato che la movida determinava un aumento di rumore
La tollerabilità del rumore. Ai fini dell'applicazione dell'art. 844 c.c. rileva il solo dato oggettivo dell'intollerabilità delle immissioni sonore.
La normativa sull'inquinamento acustico (legge 447/1995) individua indici predeterminati il cui superamento cagiona automaticamente una violazione.
Tuttavia alcune immissioni, pur non oltrepassando la soglia predeterminata dalla legge, superano comunque il livello di tollerabilità di cui all'art. 844 c.c.
Infatti, «le immissioni nell'ambito della proprietà del vicino – ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi – devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico» (Cass. Ord. 1069/2017).
Mezzi di prova ammissibili per dimostrare l'insostenibilità delle immissioni. Il giudizio di tollerabilità del rumore va rimesso al prudente apprezzamento del giudice.
Egli deve considerare la situazione concreta, la vicinanza dei luoghi, gli effetti dannosi sulla salute.
La suddetta valutazione non deve basarsi esclusivamente su rilievi di carattere tecnico [2], ben potendo ammettersi anche la prova testimoniale.
Secondo il giudice bresciano, i fatti oggetto di causa sono caduti sotto la diretta percezione dei testi e, pertanto, non si tratta di giudizi valutativi.
Inoltre, anche le immagini attestanti l'elevato numero di persone stazionanti lungo la via sono utili a dimostrare la presumibile entità del rumore.
L'azione inibitoria contro le immissioni (art. 844 c.c.). Il codice civile dispone che le immissioni non debbano superare la soglia della normale tollerabilità. Nell'ipotesi in cui accada, la legge consente di esperire l'azione inibitoria, che consiste nella richiesta di cessazione del comportamento lesivo.
La suddetta azione è stata rivolta contro il Comune, in quanto proprietario della strada da cui avviene la “propagazione molesta”.
Servizio di vigilanza contro la movida: Comune condannato ad un “facere”. Il giudice ha imposto la cessazione immediata delle immissioni mercé l'adozione di provvedimenti idonei allo scopo da parte del Comune.
In particolare, all'ente comunale è stata richiesta la predisposizione di un servizio di vigilanza in cui gli agenti si adoperino per far disperdere e allontanare dalla strada le persone che vi sostano dopo la chiusura dei locali notturni. La pronuncia è innovativa proprio sotto questo profilo.
Giova ricordare che la Cassazione si era già pronunciata in merito alla condanna della P.A. ad un “facere”. «L'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un "facere", giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione,ma attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere”» (Cass. S.U. 5926/2011; Cass. S.U. 20571/2013; Cass. 25105/2017).
L'azione aquiliana, il neminem laedere e il risarcimento del danno (art. 2043 c.c.). L'art. 2043 c.c. prevede che chi cagiona un danno debba risarcirlo. Orbene, secondo il giudice di merito, la condotta lesiva può avvenire anche in forma omissiva.
In altre parole, il Comune omettendo di agire con diligenza ha provocato un danno agli attori ed è tenuto a risarcirlo.
L'ente, infatti, non ha prevenuto gli assembramenti di persone vocianti ed è stato negligente nel contenimento delle immissioni di rumore nell'abitazione degli attori [3], immissioni gravemente lesive del loro diritto alla salute, costituzionalmente tutelato (art. 32 cost.)
Danno alla salute e al normale svolgimento della vita quotidiana: risarcimento. Gli attori lamentano un danno non patrimoniale caratterizzato dalla compressione del diritto di esplicare le normali abitudini di vita quotidiana.
Si tratta di diritti garantiti sia dalla Carta Costituzionale (art. 32 cost.) che dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 8 CEDU).
Il risarcimento del danno non patrimoniale è ammissibile anche qualora non vi sia un danno biologico documentato,allorché siano stati lesi i diritti di cui sopra (Cass. S.U. 2611/2017).
La coppia, infatti, a causa dei rumori assordanti durante la notte, oltre a non poter riposare, si è trovata nell'impossibilità di svolgere normalmente la propria vita familiare.
Il giudice ha liquidato equitativamente l'importo di euro 50,00 per ogni sera, per un totale di euro 20 mila per ciascun attore.
La sentenza. In ragione di quanto sin qui esposto, il giudice ha condannato il Comune a risarcire gli attori per le somme da questi spese per l'installazione di infissi funzionali all'isolamento acustico.
L'ente è stato condannato, altresì, al risarcimento di euro 40 mila (20 mila per ciascun attore) per il danno non patrimoniale, oltre al pagamento delle spese di lite.
Invece, è stata rigettata la richiesta di risarcimento in ordine al deprezzamento dell'immobile, in quanto il pregiudizio determinato dalla movida è transeunte e superabile con la riconduzione delle immissioni alla normale tollerabilità.
Conclusioni. Secondo la pronuncia in commento (Trib. Brescia, 2621/2017), la movida notturna provoca delle immissioni eccedenti la normale tollerabilità, a causa dell'elevato numero di persone vocianti, del loro stato di alterazione alcolica, dell'orario serale in cui si verificano gli schiamazzi.
Tali rumori ledono il diritto alla salute oltre al diritto al normale svolgimento della vita quotidiana e devono cessare.
Il giudice ha condannato il Comune a predisporre le cautele idonee a riportare le immissioni entro la soglia della normale tollerabilità mediante la predisposizione di un servizio di vigilanza contro la movida, per disperdere le persone che sostano in strada dopo la chiusura del locali notturni.
Inoltre, l'ente comunale è stato condannato al risarcimento del danno non patrimoniale e al ristoro di quanto speso per serramenti finalizzati all'abbattimento delle immissioni sonore, oltre agli oneri del giudizio.
Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
[1] I coniugi avevano stipulato un preliminare di compravendita per un altro immobile, confidando nella vendita del proprio. Tuttavia, non essendo riusciti ad alienare il bene, si sono trovati nell'impossibilità di concludere il definitivo perdendo la caparra confirmatoria versata, oltre all'importo dovuto all'agenzia immobiliare. Agiscono contro il comune anche per questa posta di danno.
Il giudice rigetta la richiesta risarcitoria, in quanto la perdita della caparra e della provvigione non costituisce una conseguenza immediata e diretta delle immissioni rumorose.
[2] Si fa riferimento ai rilievi fonometrici per accertare il superamento delle soglie indicate dalla legge 477/1995 e dal D.P.C.M. 280/1997.
[3] Nelle sue difese, il Comune sostiene di essere intervenuto, ma ammette di non aver mai disperso gli avventori che sostavano lungo la via, in quanto mancavano le risorse per eseguire interventi di quel tipo.
Fonte: condominioweb.com