Tra le varie problematiche afferenti il diritto condominiale, la questione riguardante la manifestazione del dissenso alle liti richiede sicuramente una particolare attenzione. Si tratta di un istituto condominiale che spesso e volentieri provoca un certo “fastidio” negli amministratori di condominio e, forse, non solo a loro.
La norma che regolamenta la materia è l’art. 1132 del Codice Civile, il quale afferma che: «Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato dall’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro 30 giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa».
Dal tenore letterale della norma si comprende che la finalità perseguita dal disposto codicistico di cui all’art.1132 c.c. è di consentire al condomino dissenziente di non andare incontro alle conseguenze negative derivanti dalla soccombenza del Condominio nella lite, esonerandolo dalla partecipazione alle spese processuali o alle spese legali affrontate dal Condominio per intraprendere il giudizio. Sul punto occorre subito fare una precisazione.
Prima di entrare nel merito del disposto normativo, è opportuno sottolineare che il legislatore è stato distratto e non ha precisato se il termine è da intendersi quale perentorio o ordinatorio; su questo tema è intervenuta la chiarificazione della Cassazione n. 2453/94 che ha indicato tale termine a pena di decadenza, poiché la ratio legis è di dare all’amministratore certezza circa la composizione finale dei condomini interessati.
Con il disposto di cui all’art. 1132 c.c., il legislatore ha voluto contemperare l’interesse dell’intera compagine condominiale con quello del singolo condomino portatore di interessi contrastanti con quelli del gruppo. Ed è quanto affermato espressamente dal Tribunale di Firenze con sent. n.362 del 29.01.2016. Ne consegue che la delibera che addebiti al condomino dissenziente le spese del giudizio è affetta da nullità, come del resto espresso dai giudici di legittimità sentenza dei n. 11126 del 2006: «In tema di condominio, è affetta da nullità la delibera dell’assemblea che ponga le spese di lite, in proporzione della sua quota, a carico del condomino che abbia ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata dall’assemblea, giacché in tal caso l’art.1132, comma primo codice civile, contemperando l’interesse del gruppo con quello del singolo titolare di interessi contrastanti, riconosce a quest’ultimo il diritto di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle deliberazioni assunte sul punto». (Cass. civ. Sez. II, 15.05.2006 n.11126).
Al fine di beneficiare dell’esenzione dalla partecipazione alle spese legali e giudiziali, è necessario che il dissenso venga manifestato nel rispetto della procedura prevista dalla legge, ossia con atto notificato all’amministratore nel termine di 30 giorni da quello in cui il condomino è venuto a conoscenza della deliberazione. Il Tribunale di Firenze con la pronuncia del 2016 sopra indicata (n.362) precisa che non è sufficiente la semplice manifestazione del dissenso in corso di assemblea, né è necessaria la presenza fisica del condomino dissenziente al momento dell’adozione della delibera, posto che la separazione di responsabilità in ordine alle spese processuali in caso di soccombenza del Condominio opera anche per gli assenti.
Alla luce di quanto sopra, si rende necessaria pertanto la notifica del dissenso del condomino contrario alla lite entro il termine di 30 giorni di cui sopra, decorrente dalla data della comunicazione del verbale per gli assenti, e da quella dell’adozione della delibera per i presenti. La manifestazione del dissenso è un «atto giuridico recettizio di natura sostanziale», che deve essere portato tempestivamente a conoscenza dell’amministratore o di colui che abbia la rappresentanza legale del condominio. Non è richiesto, tuttavia, l’utilizzo di forme solenni, ma è sufficiente anche una semplice raccomandata a.r. (Cass. 15.06.1978, n.2967).
Si può pertanto concludere che il condomino che abbia manifestato il proprio dissenso alla lite non sarà tenuto al pagamento pro quota né delle spese processuali cui va incontro il Condominio soccombente, né delle spese legali per iniziare il giudizio. Il condomino dissenziente, tuttavia, sarà obbligato insieme agli altri condomini al pagamento del quantum spettante alla parte vittoriosa, salvo rivalsa nei confronti del gruppo favorevole alla lite (comma 2 art. 1132).
Il disposto normativo di cui all’art.1132 c.c., tuttavia, non ha mancato di suscitare alcuni interrogativi. Ci si domanda infatti in base a quali criteri debba operarsi la ripartizione delle spese nel caso di liti interne al Condominio, ossia qualora la controversia sia insorta tra il Condominio ed il singolo condomino. Una risposta al predetto quesito è stata fornita dalla Cassazione che con sent. n. 13885 del 18.06.2014 ha statuito che l’art. 1132 c.c. opera soltanto in riferimento alle liti tra il Condominio ed i terzi, ma non è applicabile in via analogica ai contrasti tra l’intera compagine condominiale ed il singolo condomino. Né trova applicazione l’art.1101 c.c. (in materia di partecipazione pro quota ai vantaggi e ai pesi della comunione), richiamato dall’art.1139 c.c.
Secondo i giudici di legittimità, i dissidi interni al condominio determinano una scissione della compagine condominiale in due gruppi in contrasto tra loro. Conseguentemente il giudice, nel momento in cui si trova a dirimere sulla controversia, dovrà anche pronunciarsi sulle spese processuali, stabilendo, in base ai principi previsti dal codice di procedura civile, quale delle due parti dovrà sopportare i costi del giudizio. Ne consegue l’invalidità della delibera che addebiti al condomino ricorrente il pagamento pro quota delle spese processuali sostenute dal Condominio per il compenso spettante al proprio legale.
La Cassazione precisa inoltre che tra le spese processuali devono essere incluse anche quelle sostenute dalla parte nella fase iniziale del giudizio, nonché quelle strettamente collegate ad esso, ivi comprese quelle sostenute per un accertamento tecnico preventivo. Orbene nel caso specifico sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, si faceva riferimento alle spese di ATP sopportate dal condominio a seguito di un successivo giudizio dallo stesso intrapreso contro il condomino ricorrente. Applicando il principio sopra enunciato dai giudici di legittimità, ne discende l’esonero del condomino dal pagamento delle predette spese, con conseguente invalidità della delibera che abbia previsto la contribuzione pro quota in capo allo stesso.
Dalla formulazione letterale dell’art. 1132 c.c. si evince che il condomino può separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in ordine alle conseguenze derivanti dalla soccombenza nella lite qualora vi sia stata un’apposita delibera assembleare che abbia statuito di iniziare o resistere ad una domanda.
È da chiedersi, tuttavia, se il dissenso alla lite possa essere manifestato anche nel caso in cui il giudizio sia stato intrapreso autonomamente dall’amministratore. A tale interrogativo è stata fornita una risposta dalla Cassazione con sent. n. 7095/2017. I giudici di legittimità, infatti, hanno affermato chiaramente che l’amministratore può resistere all’impugnativa di delibera assembleare senza alcuna necessità di un’autorizzazione o di ratifica dell’assemblea, posto che la difesa in giudizio delle delibere impugnate rientra tra le sue attribuzioni ex art. 1131 c.c. Secondo la Suprema Corte, infatti, nella predetta situazione non è applicabile il disposto di cui all’art. 1132 c.c., e pertanto anche il condomino dissenziente sarà tenuto al pagamento pro quota delle spese del giudizio. L’unico strumento a disposizione del condomino dissenziente è il ricorso ex art. 1133 c.c. all’assemblea contro i provvedimenti dell’amministratore, ovvero innanzi all’Autorità Giudiziaria nel rispetto dei termini di cui all’art.1137 c.c. In altri termini, il condomino potrà manifestare la sua contrarietà alla lite soltanto qualora l’assemblea esprima voto favorevole all’operato dell’amministratore, pur senza precludersi la possibilità di ricorrere in sede giudiziaria.
Riepilogando, il dissenso alla lite comporta diverse conseguenze sotto il profilo processuale:
1) l’esonero dal versamento dalle spese legali e dalle spese processuali poste a carico del condominio soccombente;
2) l’obbligo del condomino dissenziente di partecipare pro quota al pagamento delle somme spettanti alla controparte vincitrice.
Tuttavia l’art. 1132 c.c. non trova applicazione sempre e comunque, posto che nelle liti proponibili autonomamente dall’amministratore: in tal caso non sarà consentito al condomino dissenziente di «separare la propria responsabilità» da quella degli altri condomini favorevoli al giudizio, e sarà anch’esso tenuto al pagamento delle spese processuali cui andrà incontro l’intera compagine condominiale in caso di sconfitta (Cass. n.7095/2017). L’operatività dell’art. 1132 c.c. inoltre è esclusa in caso di un contenzioso insorto tra il condominio ed il singolo condomino (sul punto si veda la Cass. n. 13885/2014): in tal caso sarà il giudice a stabilire quale delle parti sarà tenuta al pagamento delle spese processuali sulla base dei principi della soccombenza.
Da ultimo, il codice contempla l’ipotesi in cui il condominio sia risultato vincitore nel giudizio: «Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere alle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente (comma 3 art. 1132 c.c.)». Ciò significa che il condomino dissenziente che abbia tratto un vantaggio dalla predetta vittoria, sarà tenuto al versamento della quota di sua competenza, per le spese delle quali non sia stato possibile ottenere il pagamento dalla controparte soccombente. Una soluzione di buon senso e improntata la principio di equità, quando giunge una comunicazione di dissenso rispetto alle liti, sarebbe quella di estromettere i dissenzienti, in caso di soccombenza, dai soli costi di colui che patrocina la spesa del condominio, mentre per tutte le rimanenti spese la ripartizione coinvolge tutti.
Fonte: ANAPI Taranto - Avv. A. AMENDOLITO